sabato 7 febbraio 2015

<<...La magia di quello che siamo...>>



“<<Volevo dire –disse Alice- che uno
     non può fare a meno di crescere>>”.
                 Alice nel Paese delle Meraviglie, L. Carroll

 Oggi mi sento depressa, in una maniera catastrofica. Sono in stile “lacrima facile”, non si può definire quanto mi odio quando mi trovo in questi momenti…mi ci lascio andare totalmente, ci sguazzo fino a diventare la caricatura lacrimevole e stucchevole di me stessa, tanto da sentirmi, alla fine, pateticamente grottesca e comicamente ridicola…ma ne vale la pena, mi dico, ne vale veramente la pena sprecare tanto tempo prezioso in lacrime e malumori? Non è assurdo perdere tanto tempo a piangere, lamentarsi, tormentarsi per le cose passate e quelle da fare, per i problemi da affrontare e un passato perduto che comunque non può tornare? Sì è ASSURDO. Anzi offensivo e stupidamente irriguardoso, per sé e per gli altri. Per le persone che ogni giorno, si alzano dal letto ed escono di casa per affrontare la propria vita e i propri problemi, per tutte quelle persone che si impegnano e perseguono con sacrifici un obiettivo, per tutte quelle persone che mettendo da parte se stesse, con forza, maturità, coscienza e serietà danno il proprio contributo alla società, “creano vita nella vita”. Allora mi ripeto di farmi forza, di avere fiducia, di non temere il futuro ma di provare a credere, a sperare, a lottare.  La delusione, l’errore, il fallimento, il dolore mi ripeto, fanno parte della vita, sono la “vita stessa”, e, se non ci fossero i momenti bui, non apprezzeremmo mai né godremmo appieno e con tanta intensità dei momenti di luce, che pure ci sono, e che tutti cerchiamo nella nostra vita e desideriamo, per noi, e per i nostri cari. Allora perché la mia paura? Perchè questo apatico tedium vitae e quest’ansia, questo sconforto nichilista che mi vede languire in una negatività stupida e senza senso nonché offensiva nei confronti di Dio e della vita stessa? Perché mortificare le proprie attitudini, uccidere il proprio pensiero che è la parte più preziosa di noi, la propria anima e “scintilla di vita”, per uno sconforto sterile che non porta a nulla, se non alla morte stessa di noi, facendoci altro male e immiserendo e privando il giorno delle sue piccole gioie che, per chi sa vederle, comunque ci sono? Il segreto della felicità non è forse il “prisma” di Pollyanna e nella gamma cromatica dei suoi riflessi? Non è forse saper scorgere un arcobaleno di colori nel riverbero gioioso di un prisma illuminato da un improvviso raggio di sole? Non è che la felicità è solo un modo di guardare la vita, di sorriderle, di farle il solletico, o anzi meglio ancora di pensare la vita ed accettarla, così come viene, con quella leggerezza e spontaneità che ci contraddistingueva da bambini?
Allora capisco di avere paura della felicità. Di essere fortunata perché la vita mi ha dato tanto, le sono grata e vorrei ricompensarla, darle valore, santificarla nei gesti e nei pensieri, esserle degna.
Così, come vorrei dire grazie a tutte le persone che mi amano, che ogni giorno ci sono per me, che asciugano le mie lacrime e soffrono con me e godono delle mie gioie e dei miei stupori. Persone che amo e che significano tanto per me, che mi sono state vicino e che in un modo o in un altro, chi più chi meno, chi per un attimo e chi per sempre ma comunque tutte in maniera indelebile, hanno segnato la mia vita portandosi dietro un pezzetto del mio cuore, persone che ho avuto il privilegio di incontrare nel mio cammino e che hanno determinato la mia storia, scrivendo chi un capitolo, chi una pagina, chi un semplice rigo o addirittura uno scarabocchio dispettoso pieno di sbavature e macchie di inchiostro, ma tutte persone che porto nel cuore come un ricordo, un bene, un dono anzi il dono più prezioso, perché senza di queste  forse sarei stata solo la brutta copia di me, senza non sarei quella che sono, senza, la vita non sarebbe stata così, per me, intensamente e profondamente, vita.
Come chi è me più di me stessa, perchè un filo rosso lega le nostre anime.
E poi…Penso a chi c’è e chi non c’è più, penso a chi è vicino anche se non qui. Alla mia famiglia, a mia sorella, a quanto vorrei che mi stritolasse tra le braccia mentre mi dice adorabile e insopportabile come sa sempre solo lei <<mammoccia!>> ed alla vita che mi porta quando è con me e a quella che lascia dietro quando non c’è, penso al “disordine” che mette nel mio cuore e poi subito “scappa” via, penso al vuoto che lascia dietro di sé, a quanto mi manca quando i silenzi parlano intanto che i minuti scorrono, e sono sempre le lancette dell’orologio che ne scandiscono i battiti.
Penso che non si finisce mai di crescere, e che, anche se è inevitabile andare avanti, penso che forse non sono mai cresciuta e che sarò sempre un po’ bambina.
E che cerco nel vento ingenui stupori e dolci ristori. Approdi silenziosi ma che comunque parlano di me, sono conforto e attesa.  
Non è facile, e spesso i momenti tristi prendono il sopravvento. Ma forse dobbiamo solo avere più fiducia, nella vita, nel futuro, e soprattutto (che detto da me che sono la “sfiducia personificata” non è poco) in noi stessi. Forse dovremmo (o almeno io, dovrei) solo imparare a vivere il presente in armonia con noi stessi e con il mondo, con quella maturità e “seriosa spensieratezza” che dovrebbe contraddistinguere la vita di ognuno, imparando dai bambini come dagli anziani, da se stessi come dagli altri che ci accompagnano nel nostro cammino.  D’Altronde, la musica migliore nasce dai tasti bianchi, come dai neri. Sta’ a noi scriverne la melodia, scandire le note che dettano la magia di quello che siamo.

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