sabato 31 gennaio 2015

"I Giorni della Merla"

La leggenda narra di una merla che, per ripararsi dal freddo e dal gelo di una giornata di fine gennaio, aveva trovato rifugio per sé e i propri piccoli in un comignolo. Il tepore dolce ardeva lì dabbasso dal focolare acceso tra sprazzi di cielo e sbuffi di fumo. Sapeva di famiglie riunite e di antichi silenzi, di un calore prezioso e di un sonnolento racconto, quando le storie ripetute tra i ceppi scricchiolanti e la cenere rischiaravano presente e passato accendendo di rossore i volti di chi, attorno a quel fuoco, aveva reso poesia il racconto della propria vita. Questa merla, che la leggenda vuole dal bianco e candido piumaggio, aveva trovato rifugio per sé e i figlioletti, tra la cenere e la fuliggine nera di un camino fumante. Si narra, o meglio, si racconta che questa, per sfuggire al gelo, avesse trovato nido proprio lì, in questo comignolo, e che vi fosse rimasta per tre giorni, protetta, al calduccio. Sono questi, secondo la tradizione, i giorni più freddi dell’anno (a prescindere dalle varie versioni che s’accavallano attorno a questa diceria popolare in una colorita e folcloristica varietà di sfumature e particolarità), giorni così freddi che, una volta uscita dall'improvvisato e caldo nido, la merla e i suoi piccoli avevano cambiato colore, tanto da diventare e da rimanere, da allora in poi, sempre neri.
Mi piace pensare a questi giorni come a giorni un po’ speciali, ricchi di quell’“alone” di mistero e di antico che solo la tradizione può perpetuare, e con la sua parola, raccontare, preservando ciò che, in un modo in un altro, ci rimanda alla nostra identità di popolo e di cultura. Non so, mi piace immaginare le storie di tante nonne riunite attorno al camino a raccontare ai nipoti di giorni freddi e di Gennai dispettosi, di ferri e mani veloci che lavorano mentre fili diventano maglie o di fasci di paglia che diventano scope. Mi piace pensare ai sussurri d’infanzia persi nel vento, e che ogni tanto, come per incanto, nel vento ritrovi.
Mi piace pensare a questa merla, forse scioccamente e un po’ ingenuamente, come a una mamma infreddolita e affamata eppure tutta intenta a mettere al riparo i suoi piccini, in un accoramento
misterioso e magico forse come può essere solo il cuore di una madre per i propri figli, che parla d’amore.
Così, se a fine Gennaio durante i “Giorni della Merla” l’aria è pungente ed indugiare vicino al focolare di casa è un po’ più dolce del solito, come quest’anno, beh, questi sono per me “i giorni della Merla e del suo Amore”, e soprattutto (forse perché la fantasia riporta le illustrazioni e le tempere di cui sognavo da bambina sulle pagine ormai ingiallite delle fiabe di un tempo, forse perché sono troppo romantica o solo troppo infantile e sognatrice )  della Vita stessa: l’amore che vince il freddo e che da bianco diventa nero, non è, a dispetto di una Natura inclemente e nel cuore, nel gesto di una mamma-merla o ancora nelle grida sonore e gracchianti di un nido, metafora e bella promessa di Vita stessa?

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